Nell’ambito della rassegna culturale “Autori a Spazio Aperto”, presentazione del volume intitolato “Gozzi, pescatori e marinai”, storie del Mediterraneo, di Giovanni Panella, sabato 6 novembre alle ore 16:30, nella sala di Spazio Aperto in via dell’Arco a Santa Margherita Ligure. L’ingresso per il pubblico è gratuito e riservato alle persone munite di Green Pass o esentate dalla vaccinazione con certificazione sanitaria, sino ad esaurimento posti. Gradita la prenotazione, telefonando al 335 7587776.
L’incontro, organizzato dai Servizi Bibliotecari del Comune di Santa Margherita Ligure, in collaborazione con il Civico Museo delle Tradizioni Marinare di Santa Margherita Ligure, verrà condotto da Marina Marchetti.
Per secoli barche da lavoro di pescatori e marinai del Mediterraneo, oggi i gozzi sono una specie nautica in via di estinzione. A raccontare la parabola di queste barche che hanno fatto la storia del Mediterraneo è Giovanni Panella nel libro “Gozzi, pescatori e marinai” (ed. La Nave di Carta), un vero e proprio viaggio della memoria marittima del Mare Nostrum, dal Mar Tirreno alla Tunisia, dall’Adriatico al Mar Egeo, con un’imprevista puntata oltre Oceano, a San Francisco, dove un gozzo è diventato simbolo della comunità italiana.
«Ogni volta che un gozzo tradizionale viene demolito perdiamo irreparabilmente un pezzo di storia: per secoli queste barche sono state il mezzo di sostentamento delle comunità costiere e, in un certo senso, ne rappresentano la cultura e l’identità come testimoniano le decine di varianti locali», dice Giovanni Panella, uno dei massimi studiosi italiani di storia della marineria. A seconda della zona i nomi cambiano, gozzi, gussu, vuzzi, mourre de pouar, guz, dgħajsa, bussi, pointus, gajeta, barquette, lodsû, luzzu ma le caratteristiche di queste barche sono simili: lunghezza dai quattro ai dieci metri, poppa a punta, prua che si prolunga nella caratteristica pernaccia per fissare le reti e le cime, propulsione a remi oppure a vela latina o vela tarchia, banco di voga al centro, e solo parzialmente pontate.
Costruite «a occhio» dai maestri d’ascia, dei gozzi del passato esistono pochissimi disegni, quasi sempre realizzati in tempi recenti da studiosi; sono invece molte le tracce che queste barche hanno lasciato nella storia del mare, storie che Panella ha ritrovato e raccontato. Come quella delle sorelle Avegno, mogli di pescatori che – siamo nel 1855 – con un gozzo andarono in soccorso dell’equipaggio del Croesus, in fiamme al largo di San Fruttuoso con a bordo 287 soldati del Corpo di Spedizione Sardo. Era un gozzo i Due Fratelli, la barca con cui la nascente Resistenza ligure riuscì a stabilire il primo contatto con gli Alleati. Dopo una rocambolesca navigazione da Voltri al porto di Isola Rossa in Corsica i partigiani genovesi riuscirono a imbarcare e portare in Italia il radiotelegrafista che avrebbe tenuto i collegamenti con il comando Alleato. E ancora, in tempi più recenti, con i gozzi da pesca alcune famiglie di pieds noir lasciarono l’Algeria per raggiungere la Francia.
Costruite per la navigazione costiera i gozzi si sono spesso spinti oltre gli orizzonti domestici seguendo i banchi di pesci: dalla Campania alla Liguria e alla Sardegna, dalla Liguria alle foci del Rodano, dalla Sicilia tirrenica alla Tunisia. Barche migranti, dunque ma anche barche degli emigranti come testimoniano i Dago Boats di San Francisco. Gozzi costruiti dai pescatori italiani emigrati negli States a inizio Novecento. Dago – da dagger, coltello – così venivano chiamati gli italiani, da qui il nome di Dago Boats dato ai gozzi del Pacifico nei quali si sommano caratteristiche liguri e siciliane e di altre zone d’Italia.
Non manca nel volume una sezione dedicata ai gozzi da regata. Sono le grandi famiglie sassaresi, i Segni, i Berlinguer, i Cossiga tra i primi a utilizzare i gozzi armati a vela latina per il diporto e le competizioni e a dare così inizio alla stagione delle regate che poi si è diffusa dal Tirreno all’Adriatico. Nel libro le storie delle barche si intrecciano a quelle dei lavoratori del mare, pescatori, marinai, maestri d’ascia, calafati, carpentieri in un affascinante racconto corale dove non mancano le voci di grandi scrittori: da Giovanni Verga che nei Malavoglia racconta con precisione marinara le peripezie della Provvidenza, un gozzo, più precisamente una sardara, da pesca; a George Simenon che racconta l’incontro con un gozzo al largo della Sicilia; a Robert Louis Stevenson che descrive i pescatori italiani di San Francisco.
Salvare gozzi per salvare memorie, è l’appello contenuto in queste pagine che sono anche un tributo a tutti coloro che, con fatica, lavorano per salvare gli ultimi gozzi del Mediterraneo.
Giovanni Panella (Genova 1947), giornalista e scrittore, ha sempre amato il mare e le sue storie. Negli anni si è specializzato nel campo della storia dell’etnografia marittima; plurivincitore del premio Marincovich, collabora a diverse riviste, italiane e straniere. È vicepresidente dell’Istiaen (Istituto Italiano di Archeologia e Etnologia Navale) e presidente del Comitato Scientifico della Fibas (Federazione Italiana Barche Storiche). È autore, per l’editore Tormena, di diversi testi sulle imbarcazioni tradizionali tirreniche e, per Hoepli, di La vela latina (2015).
“Gozzi, pescatori e marinai” è edito da La Nave di Carta, associazione di promozione della cultura del mare ed editore di testi di marineria e didattica del mare. Il volume è edito nella collana Museo Navigante dedicata alla riscoperta e alla valorizzazione del patrimonio marittimo materiale e immateriale.